L'assurdo miraggio dell'immortalità
di Massimo Fini
E ci risiamo.
Sono "le trappole della ragione" (moderna). Senza spingerci fino all’immortalità, pensiamo all’allungamento della vita che è uno dei miti dei nostri giorni (anche Berlusconi ha finanziato ricerche in proposito: il Cavaliere si accontenterebbe di arrivare a 120 anni, in fondo non ne è poi tanto lontano). E in effetti, grazie agli sforzi della medicina tecnologica, rispetto all’epoca preindustriale, in termini di aspettativa di vita (che non va confusa con le statistiche sulla vita media che scontano l’alta mortalità natale e perinatale di un tempo) abbiamo guadagnato circa dieci anni. In pieno Medioevo, padre Dante fissa il "mezzo del cammin di nostra vita" a trentacinque anni e qualche millennio prima il biblista afferma: "Settanta sono gli anni della vita dell’uomo".
Oggi siamo a 82 per le donne e a 79 per gli uomini. Ma come si vivono questi anni rosicati? A parte persone della tempra eccezionale (che ci sono oggi come c’erano prima, anzi un tempo erano probabilmente di più perchè moltissimi sono gli esempi di ottuagenari, nonagenari e persino centenari attivi e in buona salute), si passano nella malattia, nelle limitazioni sempre più pesanti e degradanti. Nella solitudine.
E c’è un ulteriore controeffetto. Conosco molti amici cinquantenni e sessantenni, ancora nel pieno del loro vigore e che avrebbero diritto di vivere la loro vita, oberati da genitori ultraottantenni, novantenni, defedati, non autosufficienti, il cui peso è difficilmente sopportabile. O ci si sacrifica, in un’età ancora buona, o c’è l’umiliazione, reciproca, della "badante" oppure il calcio in culo del cronicario.
L’allungamento della vita ha avuto altre conseguenze pesanti. Se da qui a poco saremo costretti ad andare in pensione in un’età molto vicina alla morte, e quindi inutilmente, è perchè in circolazione ci sono troppi vecchi. Ma la conseguenza più devastante è che la speranza di poter prolungare la propria vita "ad libitum" ha indotto una paura della morte (l’ossessione della medicina preventiva, per limitarci a questo aspetto, ce lo dice ogni giorno) quale nessuna società del passato ha conosciuto in uguale misura. E come diceva il saggio Epicuro: "Muore mille volte chi ha paura della morte".